Non solo calcestruzzi, movimento terra e imprese della filiera edile. Con l’ordinanza del 25 ottobre in Emilia Romagna l’obbligo di iscrizione alle white list per partecipare ai lavori di ricostruzione post terremoto è stata estesa anche a fornitori di macchinari o arredi. Ben oltre le previsioni della legge anticorruzione
L’Emilia Romagna testa la white list obbligatoria – iscrizione necessaria per i lavori post terremoto.
Andrea Biondi
La possibilità c’era, prevista dal decreto legge 174 (“Enti Locali”) del 10 ottobre. La Regione Emilia-Romagna non ha aspettato la conversione in legge per passare ai fatti. Il risultato è l’ampliamento dei settori le cui imprese, per potersi sedere al tavolo della ricostruzione, devono quantomeno aver presentato alle prefetture domanda d’iscrizione alle “white list”.
E così si scopre che accanto ai fornitori di calcestruzzi, piuttosto che alle imprese di movimento terra o a quelle di fornitura di ferro lavorato (in generale le attività già messe nero su bianco dalla direttiva Maroni del 23 giugno 2010), tra le tipologie di aziende che devono dimostrare di non essere in odor di mafia ci sono anche le imprese nel settore dei macchinari e dei beni strumentali, degli arredi, piuttosto che le imprese stesse di costruzione che, per esempio, forniscono moduli abitativi o fanno «attività di restauro e ripristino e risanamento di edifici pubblici» o quelle che si occupano di «opere di urbanizzazione primaria e secondaria».
Tutto ruota attorno all’ordinanza 63 del 25 ottobre scorso, emanata dal presidente della Regione Vasco Errani in qualità di commissario delegato. Un atto che rappresenta senz’altro un unicum.
Per rendere meglio l’idea, basti pensare che a livello nazionale neanche una settimana fa – il 31 ottobre – dopo un lungo battage la Camera ha approvato in via definitiva la legge anticorruzione, la quale prevede l’istituzione, presso le prefetture, tenute poi ai controlli, di white list, intese come «elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa».
La stessa norma tuttavia non prevede alcun obbligo d’iscrizione, lasciando il ruolo di “sirena tentatrice” alla maggiore semplificazione, con l’impresa inserita nella white list esente dall’obbligo di presentare la documentazione antimafia.
La partenza non sarà neanche immediata, ma servirà un decreto del presidente del Consiglio dei ministri da adottare entro 60 giorni per definire modalità di istituzione e aggiornamento degli elenchi.
Riguardo alle terre colpite dalle scosse di terremoto del 20 e 29 maggio scorso, la normativa sulle white list (previste già in Abruzzo come per l’Expo di Milano, ma sempre in maniera facoltativa) aveva già fatto un passo in avanti. La legge 122 – che ha convertito il decreto 74 dello scorso 6 giugno – all’articolo 5 bis parla esplicitamente all’articolo 5 bis delle white list di imprese «cui si rivolgono gli esecutori dei lavori di ricostruzione», segnalando otto settori maggiormente a rischio di infiltrazione da parte della criminalità.
Per evitare qualsiasi problema di interpretazione un’ulteriore modifica è arrivata con il dl 174 che aggiunge che «per l’affidamento e l’esecuzione, anche nell’ambito di subcontratti, di attività indicate nel comma 2 è necessario comprovare quantomeno l’avvenuta presentazione della domanda d’iscrizione» alle white list. In più il decreto aggiunge ai settori anche gli ulteriori «individuati per ogni singola Regione con ordinanza in qualità di commissario delegato». Per Gabriele Buia, presidente dell’Ance Emilia-Romagna, l’obbligatorietà di iscrizione alle white list «è positiva, perché come imprese di costruzione siamo più tutelati nella scelta dei nostri fornitori».
Se su questo l’accordo è più o meno unanime, i dubbi arrivano poi sulla successiva ordinanza 63 e all’estensione del campo di applicazione. Per esempio: le imprese produttrici di macchinari e le cui forniture rientrano nell’affaire della ricostruzione post sisma potrebbero, come spesso accade, non essere italiane. Secondo l’ordinanza però anche loro sarebbero tenute a presentare, alle prefetture competenti (Bologna, Modena, Reggio Emilia o Ferrara) domanda di iscrizione alla white list. C’è poi da considerare il fattore dei tempi di fornitura, che potrebbe inevitabilmente dilatarsi. «Stiamo ancora valutando gli effetti che questa nuova disposizione introdotta dalla Regione Emilia-Romagna potrà avere sulle imprese», afferma Maurizio Marchesini, presidente di Confindustria Emilia-Romagna. «Siamo perplessi, c’è il rischio concreto – aggiunge – di mettere in difficoltà le aziende e rendere più lungo e complesso il percorso di piena ripresa delle attività».