I pilastri e gli obiettivi fondamentali di una legge regionale che guarda al futuro e punta ad essere innovativa, dovrebbero essere la semplificazione e la rigenerazione urbana per il rilancio del settore delle edile e della sua lunga filiera. Non posso quindi condividere che vengano danneggiate ulteriormente le imprese di costruzioni
I pilastri e gli obiettivi fondamentali di una legge regionale che guarda al futuro e punta ad essere inevitabilmente innovativa – ha affermato il Presidente di ANCE Emilia-Romagna Stefano Betti – dovrebbero essere la semplificazione e la rigenerazione urbana per il rilancio del settore delle edile e della sua lunga filiera.
In un quadro normativo europeo certamente non si potrà prescindere dal saldo zero del consumo del suolo, ma per raggiungere questo risultato ineludibile occorre necessariamente disporre di un periodo transitorio a garanzia degli investimenti già fatti da moltissime imprese, non solo edili, che altrimenti rischierebbero di fallire provocando un disastroso effetto a catena economico e sociale, quindi non solo sul PIL regionale e nazionale, ma anche sull’occupazione.
Il punto di incontro e di equilibrio fra gli interessi in campo, condiviso nei numerosi incontri effettuati e oggi presente nel progetto è rappresentato dal regime transitorio di 3+2 anni, che ha trovato l’approvazione di tutti i sottoscrittori del Patto per il lavoro.
Esso dà affidamenti alle imprese che, in attesa dell’adozione del nuovo PUG, sarà possibile realizzare progetti già nei piani approvati o adottati (vedi PSC-Piano strutturale comunale), a condizione che essi siano prontamente cantierabili.
È indispensabile che questo regime transitorio, pur preservando l’autonomia dei Comuni, sia fondato su tempi certi e criteri precisi, rispettati i quali le imprese possano presentare le proprie proposte e abbiano garanzie di ricevere risposte.
Condizionare questo percorso ad aleatori provvedimenti dei Comuni vuol dire vanificare la logica stessa di regime transitorio e affidare alla totale discrezionalità dei Comuni il se e il quando poter realizzare tali progetti.
È perciò evidente che così si modificano in modo radicale ed unilaterale gli equilibri fin qui faticosamente raggiunti e, come sempre nel nostro Paese, le imprese vengono lasciate alla mercé della discrezionalità della politica e della burocrazia locale.
Come Presidente di ANCE Emilia-Romagna non posso quindi condividere che vengano danneggiate ulteriormente le imprese di costruzione che faticosamente stanno cercando di reagire ad una crisi profondissima e ormai decennale.